Chi è il Consulente Tecnico Psicologo
Ruolo e Compiti
Giustizia e verità fanno di pari passo.
La verità vi renderà liberi disse Nostro Signore Gesù Cristo.
La verità dei fatti è quella che descrive ciò che è realmente accaduto, indipendentemente da come venga interpretato da clinici, giudici o testimoni. La verità dei fatti in ambito processuale è impossibile da ottenere la conoscono soltanto i protagonisti coinvolti.
La verità processuale è quella che il giudice accerta all’interno del processo, attraverso le regole probatorie del diritto. È una verità giuridica che si forma sulla base delle prove raccolte, delle perizie e delle testimonianze, nel rispetto del contraddittorio e del principio del giusto processo.
È possibile che la verità processuale diverga sia da quella clinica, sia da quella fattuale, poiché è vincolata dalle fonti di prova ammesse e da ciò che è dimostrabile secondo legge, e non necessariamente secondo scienza o secondo realtà oggettiva.
La verità clinica, è una ricostruzione scientificamente fondata di uno stato mentale, comportamentale o neuropsicologico, effettuata da un professionista attraverso l’integrazione di diversi elementi. Questa verità non è “assoluta” né “processuale”, ma si fonda sul criterio della verosimiglianza clinica, ovvero sulla coerenza interna ed esterna tra i dati raccolti e i modelli di funzionamento psicopatologico noti alla scienza.
Essa serve a formulare giudizi tecnici.
Ed è in questo campo, quello della verità clinica, che si gioca la mia responsabilità professionale. Da oltre 20 anni metto al servizio la mia competenza, la mia indipendenza e una lunga esperienza maturata sul campo, per garantire che ciò che può essere compreso venga davvero compreso. Non per difendere un interesse ma per contribuire a fare luce, con rigore e rispetto, dove spesso domina l’ambiguità.
Perché la verità, anche quando non coincide con la giustizia, merita sempre una voce.
E io sono qui per darle parola.

E’ mia opinione che accettare un incarico di Consulente Tecnico di Parte, non significa semplicemente redigere una relazione di otto paginette tramite a.i. o presenziare in aula tanto per ricevere l’onorario.​
È molto di più.
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Essere CTP significa assumersi la responsabilità professionale di portare nella situazione legale una verità che spesso rischia di restare inascoltata: la verità psicologica.
Non quella fredda, astratta, delle procedure, ma quella profonda, concreta, che affonda le radici nell’esperienza vissuta delle persone, nei loro traumi, nelle loro paure, nella complessità della mente umana che il sistema giudiziario fatica a comprendere davvero.
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Non accetto ‘qualsiasi’ incarico. Non lavoro per compiacere, non aderisco a tesi preconfezionate.
Ogni incarico che accetto nasce da una scelta precisa.
Accetto solo quando, in scienza e coscienza, ritengo di poter offrire un contributo tecnico serio, fondato, capace di reggere il confronto con la controparte e di incidere davvero nel procedimento.
Questo significa studiare a fondo, analizzare minuziosamente ogni parola dei documenti, ogni relazione, ogni dettaglio, scavando tra le righe alla ricerca di ciò che è significativamente clinico oppure è stato interpretato con uno sguardo pregiudizievole, a danno del/della cliente.
Questo significa affrontare, sin dall’inizio, un’accurata valutazione preliminare della documentazione disponibile e delle dichiarazioni fornite, per garantire che l’intervento sia solido, coerente e scientificamente sostenibile.
Essere CTP non equivale semplicemente a “dare voce” al cliente. Significa riconoscere che le sue ragioni meritano di essere analizzate, sostenute e difese attraverso una metodologia rigorosa e fondata, nel pieno rispetto delle norme deontologiche e della ricerca della verità psicologica.
Il lavoro del CTP è per sua natura complesso, gravoso e altamente specialistico. Ogni incarico comporta una presa in carico approfondita e responsabile, che si articola in più fasi:
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analisi psicologica del caso e ricostruzione della dinamica relazionale e familiare,
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studio della documentazione clinica, psicodiagnostica, scolastica e/o lavorativa,
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esame critico della CTU, con particolare attenzione alla correttezza metodologica e alla coerenza logica delle conclusioni,
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individuazione di eventuali bias valutativi, omissioni o forzature,
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somministrazione di test psicodiagnostici, laddove necessario,
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formulazione di osservazioni tecniche scritte, utili alla strategia difensiva,
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collaborazione attiva con il legale per la preparazione dell’esame testimoniale degli specialisti,
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presenza e intervento in udienza, come testimone tecnico, per illustrare la propria Relazione o confutare la CTU.